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Impianti alimentati da fonti rinnovabili: possibile rimborso del contributo di solidarietà ex lege n. 197/2022 pagato nel 2023? (di Emanuele Rossi)

Il TAR Lazio, con due sue ordinanze depositate in data 16 gennaio 2024 (nn. 763-2024 e 766-2024), ha sollevato una questione di illegittimità costituzionale del contributo di solidarietà temporaneo di cui all'art. 1 commi 115 e ss. della legge n. 197/2022.

Come noto, l’art. 1 commi 115 e ss. della legge n. 197/2022 ha introdotto un contributo di solidarietà temporaneo a carico delle imprese titolari di impianti di produzione di energia elettrica, ivi compresi quelli alimentati da fonti rinnovabili. Il contributo di solidarietà è dovuto se almeno il 75% dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 deriva da produzione di energia elettrica.

Già l’art. 37 del d.l. n. 21/2022 aveva previsto un contributo simile, ma solo per le imprese che avevano avuto un incremento di superiore a 5 milioni di euro. Tale soglia aveva di fatto ridotto la platea dei contribuenti interessati, escludendo le società di piccole dimensioni.

Non contenendo più alcun limite, la nuova norma è invece andata a colpire tutti i produttori di energia elettrica, grandi e piccoli.

Sin da subito la normativa è apparsa in contrasto con il regolamento UE 1854 del 6 ottobre 2022, che ha posto il predetto contributo a carico delle imprese “che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffineria”. A fronte di tale chiara previsione normativa di rango superiore, il legislatore italiano ha esteso detto tributo anche a carico di quelle imprese che non producono energia partendo da tali materie prime, quali, ad esempio, le imprese produttrici di energia derivante da fonte c.d. rinnovabile. Come noto, dette imprese sono state però già assoggettati ad un tetto sui ricavi ai sensi degli artt. 6 e 7 Reg. UE 1854/2022 del 7.10.2022. Occorre infatti ricordare che tutte le imprese che hanno corrisposto il contributo di solidarietà di cui all’art. 1 commi 115 e ss. della legge n. 197/2022, avevano già subito il prelievo forzoso di cui ai commi da 30 a 38 della L. 29.12.2022 n. 197 e di cui all’art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 che sostanzialmente, attraverso la fissazione di un meccanismo di un prezzo massimo, aveva rideterminato il corrispettivo dovuto per la vendita dell’energia elettrica, con conseguente e sostanziale diminuzione dei ricavi e retrocessione della differenza al GSE.

Recentemente, il TAR Lazio, condue sue ordinanze depositate in data 16 gennaio 2024 (nn.763-2024 e 766-2024) ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del tributo di cui all’art. 1 commi da 115 a 119 della legge 29 dicembre 2022 n. 197, per la contrarietà del contributo all’art. 117 della Costituzione e ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, con specifico riferimento al regolamento UE 1854/2022. In particolare, il TAR ha osservato che la misura sovranazionale era specificamente destinata a colpire il settore estrattivo e quello della raffinazione, nei quale potrebbero realizzarsi extraprofitti, mentre la contribuzione straordinaria che dovrebbe rappresentare una misura nazionale “equivalente” in realtà va a colpire operatori appartenenti a settori diversi da quelli indicati dallo stesso Regolamento. Il TAR Lazio ha altresì ravvisato violazioni dell’art. 3 e 53 della Costituzione per difetto della capacità contributiva e per violazione del principio di uguaglianza, poiché il tributo risulta essere discriminatorio per quanto concerne i produttori di energia elettrica derivante da fonte rinnovabile.

In precedenza le Corti di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma e Milano avevano già disposto la rimessione alla Corte in riferimento al “primo” contributo di solidarietà di cui all’art. 37 del d.l. n.21/2022.

Queste ordinanze lasciano intravedere la possibilità di un rimborso del contributo pagato dalle imprese produttrici di energia derivante da fonte rinnovabile. Infatti, nel caso in cui la Corte Costituzionale, accogliendo il ricorso del TAR Lazio, dichiarasse incostituzionali le norme di legge in base alle quali è stato imposto e pagato il contributo di solidarietà, si aprirebbe la strada dei rimborsi, ai sensi dell’art. 21, comma 2, decreto legislativo n.  546/1992.

Basterà dunque attendere l’esito del giudizio alla Corte Costituzionale per fruire del rimborso?

No, la legge consente infatti di avanzare le istanze di rimborso entro precisi termini di decadenza. Se la sentenza della Corte Costituzionale dovesse intervenire successivamente a detti termini, il rimborso non sarebbe più possibile in quanto il diritto al rimborso sarebbe già venuto meno per decadenza (si tratterebbe, cioè, di un ‘rapporto esaurito’, rispetto al quale non potrebbe operare l’effetto retroattivo di una eventuale sentenza favorevole della Corte Costituzionale). Nel caso di specie si potrebbe argomentare, sulla base dell’art. 1 comma 119 L. 197/2022, l’applicabilità del termine di 48 mesi dal pagamento. Sennonché il TAR Lazio, al paragrafo 12.3, ha definito il tributo come imposta indiretta cui è applicabile il minor termine di 36 mesi. Quest’ultima conclusione però si presta a dubbi poiché l’art. 21, comma 2, decreto legislativo n.  546/1992, prevede il più breve termine di 24 mesi per “tutte le imposte residuali”. E, nel dubbio, si consiglia prudenzialmente di rispettare quest’ultimo termine.

Inoltre occorre tener conto che la sentenza della Corte Costituzionale non interverrà prima di due anni e mezzo da oggi, con la conseguenza che, anche a voler tener conto di un termine più lungo di 24 mesi, verosimilmente occorrerà comunque promuovere le istanze di rimborso prima di sapere cosa ne pensa la Corte Costituzionale. A fronte di tale previsione è dunque preferibile partire subito con le istanze di rimborso, anche al fine di scongiurare eventuali gli eventuali effetti irretroattivi della sentenza della Corte Costituzionale, che si sono visti nel caso della Robin Hood Tax (Cost. n. 10/2015).

Le istanze di rimborso saranno tutte rigettate dall’Agenzia delle Entrate, espressamente, ovvero mediante silenzio. A quel punto il contribuente dovrà necessariamente promuovere i giudizi presso le Commissioni Tributarie di competenza entro il termine di 60 giorni dall’eventuale provvedimento espresso di diniego del rimborso ovvero entro il termine di 90 giorni dalla presentazione della domanda di restituzione. All’udienza si chiederà la sospensione del processo in attesa del giudizio della Corte Costituzionale, ovvero una nuova rimessione alla Corte, sempre che la Commissione Tributaria non decida per un percorso diverso, quale, ad esempio, la diretta disapplicazione della norma interna, ovvero la pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia UE.

Quelle sopra descritte sono le iniziative che si consiglia di assumere nell’immediatezza in presenza del complesso quadro normativo vigente al fine di evitare la possibile perdita definitiva delle somme corrisposte all’Erario a titolo di contributo di solidarietà temporaneo a carico delle imprese produttrici di energia elettrica. 

Per completezza va detto che tale percorso presenta un esito certamente non scontato, poiché la Corte Costituzionale potrebbe dissentire dal TAR Lazio e confermare la validità della norma tributaria, con conseguente vanificazione dei costi sostenuti per le istanze di rimborso ed i successivi ricorsi alle commissioni tributarie e potrebbe anche profilarsi il rischio di pagare le spese processuali. Allo stato, è però il percorso che appare più sicuro al fine di tutelare il rimborso di un tributo che appare oggettivamente in contrasto con il regolamento UE 1854/2022 ed evitare censure sia di tardività, sia di irretroattività delle future pronunce che fossero favorevoli.

 

avv. Emanuele Rossi