La norma di che trattasi prevede che, per le materie espressamente elencate, "l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale", stabilendo inoltre che la suddetta disposizione non si applica "nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione".
La questione è – come accennato – assai significativa, posto che il mancato esperimento della mediazione può determinare conseguenze irreversibili, dalla conferma alla revoca del provvedimento monitorio oggetto di opposizione. La giurisprudenza di merito, più volte intervenuta in materia, si attesta su due orientamenti fra loro diametralmente opposti.
Stando ad una prima tesi, l’onere di avviare la procedura di mediazione grava sull’attore opponente (debitore ingiunto), come enunciato dai Tribunali di Nola (24/02/2015) e Monza (31/03/2015).
In dette decisioni viene affermato che l’omessa instaurazione della procedura di mediazione entro il termine fissato comporta l’improcedibilità della domanda di cui all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo. Per l’effetto, il provvedimento monitorio è destinato a divenire definitivo esecutivo. Detta tesi, condivisibile a parere di chi scrive, posto che pone l’accento sull’interesse a coltivare il giudizio di opposizione, è nondimeno osteggiata da altra giurisprudenza di segno contrario.
In altre pronunce (cfr. Trib. Varese, ord. 18/05/2012 e Trib. Ferrara, sent. 07/01/2015) viene invece affermato che l’onere di introdurre la mediazione è a carico della parte che intende esercitare l’azione giudiziale: nell’ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, posto che è il creditore opposto è attore in senso sostanziale, è dunque quest’ultimo a doversi attivare.
La Cassazione – intervenuta sulla questione con la sentenza n. 24629/2015 – ha aderito alla prima tesi, osservando che “è sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria”, posto che è quest’ultimo ad avere “il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito”, sotto pena di consolidamento – ex art. 653 c.p.c. – degli effetti del decreto ingiuntivo.
Nonostante l’inequivoca presa di posizione della Suprema Corte in favore del primo orientamento, la giurisprudenza di merito è tutt’ora divisa e sono recentemente stati emessi provvedimenti che si discostano con la predetta tesi, con ciò generando nuove incertezze.
Il Tribunale di Firenze (cfr. ord. n. 478/2016) ha rilevato che nell’ipotesi in esame, l’onere di attivare il procedimento di mediazione ricade sul creditore opposto e che, in caso di inerzia da parte di questi, il decreto ingiuntivo decade. Dello stesso segno altra e più recente decisione del Tribunale di Milano (ord. 30/01/2019).
Tutto ciò considerato, in attesa di un auspicato intervento chiarificatore del Giudice di legittimità, si ritiene che, nell’ipotesi in cui il giudice non dichiari espressamente quale delle parti è tenuta ad attivare la mediazione nei giudizi di cui alle materie di cui all’art. 5 del D.LGS 28/2010, sia consigliabile in ogni caso (sia in veste di opponente debitore che di convenuto/creditore) farsi parte diligente ed avviare la procedura di che trattasi, allo scopo di evitare di incorrere in preclusioni con effetti irrevocabili.